Messaggio
per la 4ª Giornata per la salvaguardia del creato
(1°
settembre 2009)
“Laudato
si’, mi’ Signore…per frate Vento et per aere et nubilo et
sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài
sustentamento”
È
questo l’invito alla lode al Signore per il dono dell’aria, fonte
di vita per tutte le creature, che San Francesco proclama nel Cantico
delle Creature: lodiamo Dio Creatore per gli innumerevoli doni
del suo amore, sull’esempio del Santo di Assisi, patrono d’Italia,
nella ricorrenza centenaria della presentazione della Regola a
papa Innocenzo III, avvenuta nel 1209.
In
occasione della quarta Giornata per la salvaguardia del creato,
proponiamo all’attenzione delle comunità ecclesiali il rinnovato
impegno e l’attenzione per quel bene indispensabile alla vita di
tutti che è l’aria. Riflettiamo sulla necessità di respirare aria
più pulita e sul nostro contributo personale perché ciò avvenga.
Riflettiamo pure sull’eventualità che gli elementi naturali
possono dar luogo a catastrofi, ma soprattutto guardiamo ad essi con
il cuore colmo di lode a Dio. Riscopriamo, anzi, in essi le sue
stesse orme, secondo l’indicazione dell’episodio biblico di Elia
sull’Oreb: egli incontra Dio non nel vento impetuoso e gagliardo,
né nel terremoto né nel fuoco, ma nel vento leggero (1Re
19,11-12). Guardiamo alle realtà del creato con quella purezza di
cuore, invocata da Gesù nelle beatitudini (cfr. Mt 5,8), che
giunge a vedere i doni di Dio in ogni luogo, anche nei gigli del
campo e negli uccelli dell’aria (cfr. Lc 12,22-31).
1.
Lo Spirito di Dio
L’aria
che respiriamo è collegata con la vita. Soltanto quando respiriamo
siamo in vita. Il libro della Genesi afferma: “il Signore Dio
plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (2,7). Anzi, in
Dio stesso la terza Persona è lo Spirito che dà la vita. Il
venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II, nell’udienza generale
del 2 agosto 2000, spiegando il rapporto del Dio Trino con tutto il
creato, diceva dello Spirito Santo: “Alla luce della fede
cristiana, la creazione evoca in modo particolare lo Spirito Santo
nel dinamismo che contraddistingue i rapporti tra le cose,
all’interno del macrocosmo e del microcosmo, e che si manifesta
soprattutto là dove nasce e si sviluppa la vita… Ogni forma di
vita, di animazione, di amore, rinvia in ultima analisi a quello
Spirito, di cui la Genesi dice che «aleggiava sulle acque» (Gen
1,2) all’alba della creazione e nel quale i cristiani, alla luce
del Nuovo Testamento, riconoscono un riferimento alla Terza Persona
della Santissima Trinità”.
Gesù
Cristo, che nella sua morte “gridò a gran voce ed emise lo
spirito” (Mt 27,50) e “consegnò lo spirito” (Gv
19,30), apparve dopo la sua risurrezione ai discepoli e alitò su di
loro, donando il suo Spirito in vista della remissione dei peccati e
della riconciliazione con tutto il creato. Nel giorno della
Pentecoste, poi, questo Spirito venne su tutti come vento impetuoso,
per trasformare i cuori, per infondere coraggio e per creare
comunione e solidarietà.
San
Paolo, nell’ottavo capitolo della lettera ai Romani, presenta lo
Spirito divino che abita in noi e che ci libera dalle tendenze del
peccato, rendendoci figli adottivi del Padre. Nel contempo, parla del
gemito della creazione per le conseguenze del peccato e dei credenti,
che hanno già le primizie dello Spirito e pure gemono interiormente.
Tutto il creato soffre come nelle doglie del parto in attesa di
essere un giorno reso partecipe della gloria dei figli di Dio. E lo
stesso Spirito di Dio viene in aiuto alla nostra debolezza e
intercede per noi con gemiti inesprimibili.
2.
“Conversione ecologica”
Viviamo
in un mondo contrassegnato dal peccato e nel contempo già redento e
avviato a un processo di trasformazione, finché un giorno, da Colui
che fa nuove tutte le cose (Ap 21,5), ci sarà dato un cielo
nuovo e una terra nuova (Ap 21,1). La crisi ecologica appare
come un momento di questo processo: è conseguenza del peccato se la
rete delle relazioni con il creato appare lacerata e se gli effetti
sul cambiamento climatico sono innegabili, se proprio l’aria - così
necessaria per la vita - è inquinata da varie emissioni, in
particolare da quelle dei cosiddetti “gas serra”. Se, però,
prendiamo coscienza del peccato, che nasce da un rapporto sbagliato
con il creato, siamo chiamati alla “conversione ecologica”,
secondo l’espressione di Giovanni Paolo II.
Il
Compendio della Dottrina sociale della Chiesa segnala la
necessità di considerare “i rapporti tra l’attività umana e i
cambiamenti climatici che, data la loro estrema complessità, devono
essere opportunamente e costantemente seguiti a livello scientifico,
politico e giuridico, nazionale e internazionale. Il clima è un bene
che va protetto e richiede che, nei loro comportamenti, i consumatori
e gli operatori di attività industriali sviluppino un maggior senso
di responsabilità” (n. 470). Il principio di precauzione ricorda
che – anche laddove la certezza scientifica non fosse completa –
l’ampiezza e la gravità delle possibili conseguenze (molte delle
quali si stanno già manifestando) richiedono un’azione incisiva.
Una tempestiva riduzione delle emissioni di “gas serra” è,
dunque, una precauzione necessaria a tutela delle generazioni future,
ma anche di quei poveri della terra, che già ora patiscono gli
effetti dei mutamenti climatici.
Occorre,
dunque, un profondo rinnovamento del nostro modo di vivere e
dell’economia, cercando di risparmiare energia con una maggiore
sobrietà nei consumi, per esempio nell’uso di automezzi e nel
riscaldamento degli edifici, ottimizzando l’uso dell’energia
stessa – a partire dalla progettazione degli edifici stessi - e
valorizzando le energie pulite e rinnovabili. Il Santo Padre
Benedetto XVI ha richiamato a uno stile di vita più essenziale, come
espressione di “una disciplina fatta anche di rinunce, una
disciplina del riconoscimento degli altri, ai quali il creato
appartiene tanto quanto a noi che più facilmente possiamo disporne;
una disciplina della responsabilità nei riguardi del futuro degli
altri e del nostro stesso futuro” (Incontro con il clero di
Bressanone, 6 agosto 2008).
3.
Giustizia e sostenibilità
L’impegno
per la tutela della stabilità climatica è questione che coinvolge
l’intera famiglia umana in una responsabilità comune, che pone
anche una grave questione di giustizia: a sopportarne maggiormente le
conseguenze sono spesso le popolazioni a cui è meno imputabile il
mutamento climatico. Anche questo rende particolarmente importante la
Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, che si svolgerà
nel mese di dicembre a Copenaghen e nella quale la comunità
internazionale dovrà definire le linee di un’efficace azione di
contrasto del riscaldamento del pianeta per i prossimi decenni.
Occorrerà, in particolare, una chiara disponibilità dei paesi più
industrializzati – anzitutto quelli dell’Unione Europea –
all’assunzione di responsabilità, muovendo i primi passi in un
cammino che non potrà comunque raggiungere i propri obiettivi senza
il contributo di tutti. Neppure il peso della crisi
economico-finanziaria che investe l’intera comunità internazionale
può esonerare da una collaborazione lungimirante per individuare e
attivare misure efficaci a garantire la stabilità climatica: è un
passaggio cruciale per verificare la disponibilità della famiglia
umana ad abitare la terra secondo giustizia.
In
quanto credenti, siamo chiamati a un particolare impegno di custodia
del creato, perché l’essere cristiani implica sempre e comunque
una precisa responsabilità nei riguardi della creazione. «Il creato
geme – lo percepiamo, quasi lo sentiamo – e attende persone umane
che lo guardino a partire da Dio» (Benedetto XVI, Incontro con il
clero di Bressanone).
San
Francesco d’Assisi, cantore della creazione, ci aiuti in questo
impegno quotidiano.
Roma,
1° maggio 2009
La
Commissione Episcopale La Commissione Episcopale
per
i problemi sociali e il lavoro, per l’ecumenismo e il dialogo
la
giustizia e la pace
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