martedì 17 novembre 2015


Messaggio per la 4ª Giornata per la salvaguardia del creato

(1° settembre 2009)




Laudato si’, mi’ Signore…per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento”




È questo l’invito alla lode al Signore per il dono dell’aria, fonte di vita per tutte le creature, che San Francesco proclama nel Cantico delle Creature: lodiamo Dio Creatore per gli innumerevoli doni del suo amore, sull’esempio del Santo di Assisi, patrono d’Italia, nella ricorrenza centenaria della presentazione della Regola a papa Innocenzo III, avvenuta nel 1209.

In occasione della quarta Giornata per la salvaguardia del creato, proponiamo all’attenzione delle comunità ecclesiali il rinnovato impegno e l’attenzione per quel bene indispensabile alla vita di tutti che è l’aria. Riflettiamo sulla necessità di respirare aria più pulita e sul nostro contributo personale perché ciò avvenga. Riflettiamo pure sull’eventualità che gli elementi naturali possono dar luogo a catastrofi, ma soprattutto guardiamo ad essi con il cuore colmo di lode a Dio. Riscopriamo, anzi, in essi le sue stesse orme, secondo l’indicazione dell’episodio biblico di Elia sull’Oreb: egli incontra Dio non nel vento impetuoso e gagliardo, né nel terremoto né nel fuoco, ma nel vento leggero (1Re 19,11-12). Guardiamo alle realtà del creato con quella purezza di cuore, invocata da Gesù nelle beatitudini (cfr. Mt 5,8), che giunge a vedere i doni di Dio in ogni luogo, anche nei gigli del campo e negli uccelli dell’aria (cfr. Lc 12,22-31).

1. Lo Spirito di Dio




L’aria che respiriamo è collegata con la vita. Soltanto quando respiriamo siamo in vita. Il libro della Genesi afferma: “il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (2,7). Anzi, in Dio stesso la terza Persona è lo Spirito che dà la vita. Il venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II, nell’udienza generale del 2 agosto 2000, spiegando il rapporto del Dio Trino con tutto il creato, diceva dello Spirito Santo: “Alla luce della fede cristiana, la creazione evoca in modo particolare lo Spirito Santo nel dinamismo che contraddistingue i rapporti tra le cose, all’interno del macrocosmo e del microcosmo, e che si manifesta soprattutto là dove nasce e si sviluppa la vita… Ogni forma di vita, di animazione, di amore, rinvia in ultima analisi a quello Spirito, di cui la Genesi dice che «aleggiava sulle acque» (Gen 1,2) all’alba della creazione e nel quale i cristiani, alla luce del Nuovo Testamento, riconoscono un riferimento alla Terza Persona della Santissima Trinità”.

Gesù Cristo, che nella sua morte “gridò a gran voce ed emise lo spirito” (Mt 27,50) e “consegnò lo spirito” (Gv 19,30), apparve dopo la sua risurrezione ai discepoli e alitò su di loro, donando il suo Spirito in vista della remissione dei peccati e della riconciliazione con tutto il creato. Nel giorno della Pentecoste, poi, questo Spirito venne su tutti come vento impetuoso, per trasformare i cuori, per infondere coraggio e per creare comunione e solidarietà.

San Paolo, nell’ottavo capitolo della lettera ai Romani, presenta lo Spirito divino che abita in noi e che ci libera dalle tendenze del peccato, rendendoci figli adottivi del Padre. Nel contempo, parla del gemito della creazione per le conseguenze del peccato e dei credenti, che hanno già le primizie dello Spirito e pure gemono interiormente. Tutto il creato soffre come nelle doglie del parto in attesa di essere un giorno reso partecipe della gloria dei figli di Dio. E lo stesso Spirito di Dio viene in aiuto alla nostra debolezza e intercede per noi con gemiti inesprimibili.

2. “Conversione ecologica”




Viviamo in un mondo contrassegnato dal peccato e nel contempo già redento e avviato a un processo di trasformazione, finché un giorno, da Colui che fa nuove tutte le cose (Ap 21,5), ci sarà dato un cielo nuovo e una terra nuova (Ap 21,1). La crisi ecologica appare come un momento di questo processo: è conseguenza del peccato se la rete delle relazioni con il creato appare lacerata e se gli effetti sul cambiamento climatico sono innegabili, se proprio l’aria - così necessaria per la vita - è inquinata da varie emissioni, in particolare da quelle dei cosiddetti “gas serra”. Se, però, prendiamo coscienza del peccato, che nasce da un rapporto sbagliato con il creato, siamo chiamati alla “conversione ecologica”, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II.

Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa segnala la necessità di considerare “i rapporti tra l’attività umana e i cambiamenti climatici che, data la loro estrema complessità, devono essere opportunamente e costantemente seguiti a livello scientifico, politico e giuridico, nazionale e internazionale. Il clima è un bene che va protetto e richiede che, nei loro comportamenti, i consumatori e gli operatori di attività industriali sviluppino un maggior senso di responsabilità” (n. 470). Il principio di precauzione ricorda che – anche laddove la certezza scientifica non fosse completa – l’ampiezza e la gravità delle possibili conseguenze (molte delle quali si stanno già manifestando) richiedono un’azione incisiva. Una tempestiva riduzione delle emissioni di “gas serra” è, dunque, una precauzione necessaria a tutela delle generazioni future, ma anche di quei poveri della terra, che già ora patiscono gli effetti dei mutamenti climatici.

Occorre, dunque, un profondo rinnovamento del nostro modo di vivere e dell’economia, cercando di risparmiare energia con una maggiore sobrietà nei consumi, per esempio nell’uso di automezzi e nel riscaldamento degli edifici, ottimizzando l’uso dell’energia stessa – a partire dalla progettazione degli edifici stessi - e valorizzando le energie pulite e rinnovabili. Il Santo Padre Benedetto XVI ha richiamato a uno stile di vita più essenziale, come espressione di “una disciplina fatta anche di rinunce, una disciplina del riconoscimento degli altri, ai quali il creato appartiene tanto quanto a noi che più facilmente possiamo disporne; una disciplina della responsabilità nei riguardi del futuro degli altri e del nostro stesso futuro” (Incontro con il clero di Bressanone, 6 agosto 2008).




3. Giustizia e sostenibilità




L’impegno per la tutela della stabilità climatica è questione che coinvolge l’intera famiglia umana in una responsabilità comune, che pone anche una grave questione di giustizia: a sopportarne maggiormente le conseguenze sono spesso le popolazioni a cui è meno imputabile il mutamento climatico. Anche questo rende particolarmente importante la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, che si svolgerà nel mese di dicembre a Copenaghen e nella quale la comunità internazionale dovrà definire le linee di un’efficace azione di contrasto del riscaldamento del pianeta per i prossimi decenni. Occorrerà, in particolare, una chiara disponibilità dei paesi più industrializzati – anzitutto quelli dell’Unione Europea – all’assunzione di responsabilità, muovendo i primi passi in un cammino che non potrà comunque raggiungere i propri obiettivi senza il contributo di tutti. Neppure il peso della crisi economico-finanziaria che investe l’intera comunità internazionale può esonerare da una collaborazione lungimirante per individuare e attivare misure efficaci a garantire la stabilità climatica: è un passaggio cruciale per verificare la disponibilità della famiglia umana ad abitare la terra secondo giustizia.

In quanto credenti, siamo chiamati a un particolare impegno di custodia del creato, perché l’essere cristiani implica sempre e comunque una precisa responsabilità nei riguardi della creazione. «Il creato geme – lo percepiamo, quasi lo sentiamo – e attende persone umane che lo guardino a partire da Dio» (Benedetto XVI, Incontro con il clero di Bressanone).

San Francesco d’Assisi, cantore della creazione, ci aiuti in questo impegno quotidiano.




Roma, 1° maggio 2009







La Commissione Episcopale La Commissione Episcopale

per i problemi sociali e il lavoro, per l’ecumenismo e il dialogo

la giustizia e la pace


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